L'Inter non è da tutti. Certezze da ritrovare, ma non è ridimensionamento
Non è da tutti. Non è facile e non è da tutti.
L’Inter si divide in due parti: nella prima collochiamo la proprietà, Suning, gli Zhang, forse Alibaba? forse qualcun altro? Nella seconda la dirigenza nerazzurra, Beppe Marotta, Alessandro Antonello, Piero Ausilio su tutti più altri collaboratori abili e capaci.
Non è da tutti, dicevamo. Non è facile e non è da tutti lavorare con una proprietà che per enne motivazioni, la maggior parte delle quali condivisibili in verità, chiede tagli agli stipendi, sudore lacrime e sangue (metaforicamente, prima che qualcuno pensi si stia parlando dei massimi sistemi), mercato in largo attivo e, tanto per chiudere il cerchio, mantenere una rosa perlomeno dignitosa in grado di centrare l’obiettivo minimo, qualificazione Champions, senza la quale saremmo in mezzo al mare con un materassino e senza remi. Conte saluta e se ne va, e vabbè. Hakimi viene immolato sull’altare del vil denaro, del mettiamo euro in cassa, del è l’unico per cui a luglio sono arrivate offerte degne di questo nome, l’ex centravanti all’epoca stava chiacchierando raccontano i bene informati, ma di concreto c’era poco.
In più, a due settimane dalla prima di campionato (cioè, il prossimo editoriale lo scrivo quando hanno già giocato, sembra un attimo il festeggiamento per il diciannovesimo), l’ex centravanti si ricorda di aver tifato Chelsea fin da bambino, acciderbolina. Però, domando scusa, non era lo stesso signore che un paio di stagioni or sono, messo da parte senza troppi fronzoli dalla sponda United di Manchester, tifava inter fin da bambino? Vado a memoria, ma non credo di allontanarmi molto dalla realtà: basta sfogliare i giornali dell’epoca. Dopodiché a me poco importa del destino di un calciatore, mi interessa dia il massimo quando gioca coi miei colori, che vengono prima di tutto e di tutti per inciso: non mi piace la presa in giro, il tornare a Milano parlando di vincere, vinciamo, vinceremo e via col rosario di chiacchiere pro tifoseria. Basta essere chiari e sinceri, non ci vuole molto. Peccato. Anche perché, posso pure sbagliare ma ho dei seri dubbi, non penso proprio a un contatto tra il Chelsea, ad esempio, e il suo agente (pistolotto davvero senza mordente, una lunga serie di ovvietà spacciate per verità assolute, del quale salvo esclusivamente la parte della vergogna a chi insulta sia lui che la sua famiglia, ma calcisticamente poca, pochissima roba) a inizio agosto, per piacere...
Ecco, nonostante questo bailamme, nonostante una proprietà con sede a Nanchino, un presidente fisicamente assente e zero euro da spendere sul mercato, Marotta e Ausilio stanno cercando di mettere insieme una squadra perlomeno competitiva. Quattordici milioni per portare a casa Dumfries, Dzeko, Di Marco e Calhanoglu, dal mio punto di vista, sono maestria. E sarà anche ridimensionamento, come molti pensano: io, però, tutto ‘sto ridimensionamento mica lo vedo. Certo, è innegabile: dobbiamo ripartire senza le certezze che ci hanno accompagnati durante lo scorso campionato, da gennaio in avanti. Ieri l’Inter ha ben giocato l’amichevole in quel di Monza, ha sciorinato ottimo calcio, ha mostrato un possesso palla differente rispetto alla passata stagione. Non giudico una partita del 14 agosto, non lo avrei fatto nemmeno se avessimo perso e giocato malissimo, ma l’impegno e il bel calcio ci sono stati.
Non credo nemmeno il mercato sia chiuso.
Cominciamo ad avere un pizzico di fiducia: in fondo, domando scusa, ma le nostre avversarie dirette, ad oggi, che hanno fatto di così impressionante? Alla prossima.
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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