Il lavoro sottovalutato della società
Mentre osservavo la scioltezza del gioco messo in scena a Cagliari lunedì sera facevo una riflessione che si appoggiava alla storia dell’Inter e ad un incredibile paradosso.
Il club infatti non ha mai vissuto all’interno di un debito così grande e difficilmente estinguibile, eppure stiamo vivendo uno dei periodi più stabili mai visti dal punto di vista tecnico.
Con Spalletti l’Inter è finalmente tornata nella sua dimensione, Conte e Inzaghi hanno sfruttato il lavoro societario e mantenuto la squadra ad ottimi livelli. Da quattro anni si lotta stabilmente per vincere lo scudetto e altri trofei, senza incredibili abbagli in sede di calciomercato.
Le Inter di Herrera, Mancini e Mourinho hanno approfittato delle aspirazioni e conseguenti investimenti fatti da Moratti padre e figlio e il mito si è consolidato, ma quante stagioni sono partite con grandi ambizioni e sono naufragate, intuendo già nelle prime partite di campionato che qualcosa nella fase di costruzione era stato sbagliato. Sembrava fosse così anche lo scorso anno ma i fatti hanno dimostrato che quell’inizio sconfortante non aveva a che fare con la reale forza della squadra.
Il grafico del rendimento nella storia nerazzurra registra alti e bassi che, da una parte hanno reso affascinante l’Inter, dall’altra hanno mostrato una cattiva predisposizione alla programmazione e alla continuità. Da quando è arrivato Marotta (dicembre 2018) l’Inter ha intrapreso una strada diversa
Quella che stiamo vivendo è infatti una società che non conosce bene il suo futuro, a partire dalla proprietà, può spendere solo se entra qualcosa in cassa ed è costretta a cedere o non poter trattenere alcuni suoi giocatori, eppure è stato vinto uno scudetto, quattro coppe nazionali e sono state raggiunte due finali europee, oltre alle qualificazioni in Champions ma è soprattutto il livello tecnico ad essere invariabilmente alto.
Un criterio per giudicare l’operato della società viene anche da giocatori arrivati a parametro zero, con un’età ben oltre i trenta e verso i quali c’era parecchia diffidenza, come Acerbi, Mxit'aryan e Dzeko, e che invece si sono rivelati fondamentali.
In passato l’Inter aveva tentato di fare altrettanto ma con risultati sconfortanti, come con Davids, Batistuta, Forlan e tanti altri e questo implica una maggiore capacità nel conoscere meglio e preventivamente i giocatori che entrano in rosa.
La lode non è sperticata verso ogni passaggio, ogni decisione, perché ci sono passaggi non sempre condivisibili, errori commessi per imperizia, fretta o questioni economiche che hanno condizionato pesantemente l’operato. Il plauso va verso un modello di lavoro che deve restare anche quando Marotta andrà via e, si spera le condizioni economiche saranno, si spera, migliori.
L’Inter sta chiudendo questo mercato così fortemente criticato, in attivo e con una rosa riconosciuta da tutti come più completa.
I due mesi nei quali si è vissuto un rally tra complimenti e accuse, hanno vissuto di percezioni sballate, delusioni e misteri che hanno innervosito i tifosi. I fatti che hanno più irritato restano la cessione di Brozovic per soli 18 milioni, con tanto di polemiche col giocatore, la cessione di Onana, il mancato pronto arrivo di un altro portiere, la convinzione che Vicario prima e Trubin poi, avrebbero preso il posto del camerunense e invece si è ripiegato su Sommer e Audero.
l’inganno di Lukaku che ha stravolto il mercato, il padre di Samardic, che per avidità ha fatto saltare l’accordo, senza che nessun altro club approfittasse della situazione (qualcosa significa).
I tifosi sono saltati su anche per l’acquisto di Cuadrado e il ritorno di Sanchez.
In ultimo il fiato sospeso per Pavard. Sono tanti fattori che hanno emotivamente dato un’immagine deformata della realtà. Al punto da avere quotidiani che il giorno prima elogiavano Zhang e il nuovo attacco dell’Inter e il giorno dopo attaccavano il mercato senza mezzi termini.
La realtà è che l’Inter ha anche strappato Frattesi e Thuram al Milan, migliorato nel reparto degli esterni, acquistato un difensore di livello internazionale, abbassato il monte ingaggi e la media età della squadra, è riuscita a piazzare Correa e Gagliardini e dato profondità ad una rosa mai tanto completa.
L’Inter oggi ha un organico solido, competitivo, forse non il più forte o forse sì ma in grado di vincere in ogni competizione e questo è il vero motivo per cui essere compiaciuti. Le cose andrebbero giudicate in modo meno tranciante, con più serenità e aspettando che i giochi siano davvero fatti.
Amala
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