Facciamo vedere di essere cresciuti. Esorcizziamo i brutti ricordi
Possiamo raccontare quel che ci pare, Bologna rappresenta uno dei ricordi meno piacevoli, usiamo un eufemismo, delle ultime stagioni pallonare del cielo e della notte. In sostanza nel capoluogo emiliano ci scuciamo definitivamente lo scudetto dalle maglie dieci mesi fa, giorno più giorno meno, giocando a pallone per una ventina di minuti circa dopodiché, quasi come morsi da un nugolo di mosche tse-tse, ci addormentiamo in attesa di giorni migliori. In realtà, domando scusa, lo scudetto lo perdiamo tempo prima, Bologna è la punta dell’iceberg di una stagione strana e particolare, per certi aspetti speriamo irripetibile nel senso non buono del termine. Perché Bologna-Inter non è mai una partita banale, non può esserlo: qui parliamo di storia del calcio italiano, di sfide che valevano il triangolo tricolore da appuntarsi sul petto, di una sana rivalità sportiva e di una piazza, quella felsinea, patrimonio nazionale del pallone, poche balle. C’entra poco il lottare o meno per lo scudetto oggi, attualmente l’Inter è più avanti dei rossoblù in quanto a forza della rosa o traguardi da perseguire. Ma, ripeto il concetto, Bologna non è una sfida banale: non lo è mai stata, non lo è oggi, non lo sarà mai.
La truppa Inzaghi è reduce da un mercoledì internazionale di livello, al netto dello striminzito uno a zero finale: che tanto striminzito non è, di certo obbliga gli avversari a cercare di fare la partita senza nicchiare attendendo per colpire in ripartenza, come accaduto puntualmente al Meazza. Ecco, una cosa la posso dire senza timore di smentita: mi incazzerei mica poco, calcisticamente ovvio, se dovessimo subire l’ennesimo gol in contropiede nel ritorno di Champions. Ma questi sono discorsi del poi, torniamo all’attualità, torniamo coi piedi per terra, che in Emilia mica ci si va per una gitarella alla ricerca di tagliatelle col ragù o, perché no, lasagne.
Ci sono in palio tre punti, fondamentali in questo momento del campionato. Bisogna mettere fieno in cascina, aspettando i tempi duri: e, fino ad ora, il comportamento altalenante dei nerazzurri non sta facilitando la marcia di avvicinamento alla Champions che verrà. Vero, l’Inter è seconda con cinque punti di vantaggio sulla quinta, la Lazio: però mi vien da dire peccato, viste le occasioni letteralmente gettate al vento, parliamo di Monza, Genova, Empoli in casa. Simone Inzaghi farà turnover oggi? Beh, a prima vista tanto turnover non mi sembra. Cioè, chi avrebbe detto ad agosto che l’ingresso dal minuto uno di Brozo, Romelu o Dumfries, tanto per citare tre che a mezzogiorno e mezza dovrebbero essere in campo e non in panchina, avrebbe significato turnover? Poi, certo, nessuno poteva immaginarsi infortuni lunghi e complessi per i primi due né, tantomeno, una sorta di involuzione tecnico tattica del terzo, sebbene sulla strada della lenta ma inesorabile ripresa. Insomma, agli ordini di Orsato si gioca all’ora di pranzo: che già l’ora non la sopporto, odio giocare all’ora di pranzo della domenica, sono legato alle vecchie tradizioni di pasta al forno con pasticcini finali, zozza miseria.
Bologna per ricominciare a correre, per staccare chi insegue trovando un posto al sole nel più breve tempo possibile. Bologna, perché il campionato attuale è insidioso e, alle nostre spalle, sbracciano e sgomitano in tanti, fin troppi. Bologna perché, quando si vince, si vuol continuare a farlo. E perché, per finire, continuare a vincere è il modo migliore per prepararsi alla trasferta portoghese, in attesa del pieno recupero di coloro che, oggi, sono subentranti: sebbene titolari a tutti gli effetti.
Alla prossima.
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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