È un'Inter cazzutissima, ma il VAR spieghi con chiarezza. Forza Benji, ti aspettiamo prestissimo

Ma che bella Inter. Squadra di lottatori, che non arretra di un passo anche davanti ad avversari caricati a molla, forse un filo troppo agonisti - eufemismo -, atletici e tecnici, che non perde la testa nei momenti complicati ribattendo colpo su colpo, uccidendo calcisticamente la gara con un destro di rara bellezza uscito col laser puntato dal piede destro di Lautaro Martinez, sempre più leader e capitano di un’armata non invincibile, non esageriamo però, quantomeno, cazzuta.
Facciamo cazzutissima, rende meglio. La Dea dimezza lo svantaggio con un gol viziato da fallo evidente: capisco la topica, ci sta, ma il regolamento del VAR che non può intervenire se l’arbitro di campo vede l’azione e la giudica come mai interviene, che so, in occasione del rigore di Inter-Bologna? Non è ironia, è che mi viene davvero difficile intuire, sarà solo colpa mia, secondo quali misteriosi regolamenti e ragionamenti gli addetti alla revisione dell’azione a volte richiamano l’attenzione del direttore di gara con solerzia e velocità, esortandolo a rivisitare i frame incriminati, a volte nicchiano, a volte non dicono nulla, nemmeno di fronte a errori evidenti, perché il fallo su Dimarco, al netto dello sbaglio di Federico (scusi se la chiamo per nome ma tifiamo la stessa squadra, siamo sostanzialmente buoni amici) nel tenere palla tra i piedi invece di appoggiarla a Sommer, altra prestazione sopra le righe del giovanotto elvetico, è solare. Che sì, va bene, il calcio è sport di contatto, mica balletto sulle punte. Vero: ma un conto è contatto, un conto prendere uno e buttarlo da parte. O, forse, è cambiato il regolamento in questi ultimi mesi all’insaputa di tutti, più o meno. Particolari che dovrebbero essere spiegati con chiarezza dai vertici arbitrali, altrimenti è inutile far ascoltare dialoghi tra direttore di gara e sala VAR: si continuerà a capirci non poco, pochissimo.
L’Inter vince, viva l’Inter. Vince soprattutto perché gestisce la partita come deve fare una grande squadra, come deve fare la prima della classe. Poche proteste, di tanto in tanto far sentire la propria voce va bene, senza esagerare però, mai caduti nei trabocchetti delle provocazioni avversarie, che ci sono state, mai trascinati in polemiche sterili e inutili. Maturi. Ecco, accanto a cazzuta questa squadra, questo gruppo di giovani e meno giovani dalle belle speranze, è mentalmente cresciuta, maturata oltre ogni più rosea previsione. Bergamo era uno snodo importante, l’inizio di un periodo difficile, fatto da scontri diretti intervallati dalla Champions – tu pensa, anche l’Inter incontrerà avversari complessi in un susseguirsi di partite senza manco rifiatare -: superato in maniera esaltante. Vero, in qualche circostanza si è rischiato ma, come hai rischiato di subire, così hai rischiato di far male, calcisticamente, agli orobici.
Il tardo pomeriggio di ieri ci ha regalato una nuova certezza: l’Inter, questa Inter, è squadra. Coesa, forte, compatta. Quando una squadra è così, il problema è degli altri, non nostro.
Forza Benji, vecchio cuore nerazzurro, ti aspettiamo prestissimo.
Alla prossima, avanti l’Effecì!

Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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