Da cosa riparte l'Inter?
Francamente, leggendo qua e là i quotidiani sportivi e non, in qualche caso, resto un filo basito: tante incertezze, tante insicurezze, gente che va, gente che (non) arriva, pare, il solito numero di milioni da raggiungere per far quadrare i conti - quello è peggio delle tasse, si ripropone semestralmente – le solite analisi sui conti, non propriamente rosei dal punto di vista dell’indebitamento, della Società nerazzurra. Cose già viste e riviste, lette e rilette, tanto da annoiare alla lunga: cioè, se io racconto e riporto la stessa cosa più e più volte, la cosa cambia? Perché questo punto mi sfugge. E non è difficile da comprendere, non c’è bisogno di raccontare sempre la stessa filastrocca. Chiunque, anche mio nipote di anni 13, ha compreso che l’Inter non può spendere per oggettive ragioni di bilancio e che, oltretutto, il governo cinese ha chiuso i rubinetti una volta di più per quanto riguarda il passaggio di denaro all’estero al fine di investire, esempio assai calzante, in una società calcistica. In sostanza, i capitali possono viaggiare lungo il pianeta a patto di un ritorno economico: si investe se conviene, basta buttare i soldi dalla finestra. O, almeno, questo è il diktat proveniente da Pechino, senza scappatoie di sorta, non mi sembra ci sia molto da scherzare in quella parte del mondo.
Così il cosiddetto mercato di riparazione - ripeto il concetto che molti addetti ai lavori mi hanno spiegato nel corso degli anni, il mercato si fa d’estate, quello invernale serve al nulla cosmico nel 99,99 per cento delle volte, è un carrozzone utile a rattoppare qualche buco ma, nella maggior parte dei casi, il rattoppo è peggio del buco – non ha l’Inter tra le sue protagoniste principali: meglio, potrebbe anche averla se le disponibilità fossero diverse o i dirigenti nerazzurri decidessero di cedere un pezzo pregiato per reinvestire il denaro, ipotesi quest’ultima, opinione personale, del tutto lontana dalla realtà. Quindi, messe da parte immaginifiche operazioni di compravendita, restano in primo piano i rinnovi, punto dolente che i vertici del cielo e della notte dovranno sistemare. Sappiamo del gran numero di calciatori in scadenza e, abbiamo scritto tempo fa, molti saranno lasciati andare mentre alcuni, al contrario, resteranno: però, sia chiaro, sempre alle condizioni della Società, che più di tanto non può offrire, maledizione al financial fair play che mi piacerebbe vedere attuato anche in altri campionati, al settlement agreement che l’Inter ha dovuto sottoscrivere e, per finire, agli investimenti sbagliati nel corso delle ultime stagioni.
Perché, non nascondiamoci dietro un dito e non raccontiamo che va sempre tutto bene madama la marchesa, investimenti pesanti sono stati fatti, altro che no. Purtroppo, almeno finora questo racconta il campo, completamente fuori contesto, errori e orrori onerosi e, per giunta, non riparabili né rivedibili. Insomma, c’è da sperare che i protagonisti si risveglino da un torpore inspiegabile tornando ad essere utili alla causa. Ultimo pensiero: Beppe Marotta. Al di là del mio non immaginare, in questo particolare momento, l’Inter senza la guida dell’attuale Amministratore Delegato, mi chiedo: così sicuri che il nostro dirigente, tra l’altro a domanda ha sempre chiaramente risposto di non avere altre destinazioni che non siano l’Inter, sia così colpito dalla corte serrata - poi scopriamo che nessuno lo ha ancora contattato ma, nell’eventualità, non si sa mai, magari, forse, eccetera eccetera – di qualche altro club? Perché, lo confesso, io qualche dubbio ce l’ho. Poi, per carità, nel calcio abbiamo visto e continuiamo a vedere (purtroppo) di tutto. Conoscendo un minimo Marotta, ma un minimo, titubo parecchio solo all’idea di un suo addio. E per parecchio intendo parecchio. Assai.
Alla prossima.
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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