BAR ZILLO - Campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo

BAR ZILLO - Campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondoTUTTOmercatoWEB.com
martedì 20 dicembre 2022, 07:45Bar Zillo
di Gabriele Borzillo

Inutile menare troppo il torrone - espressione prettamente lombarda che pare derivi dal modo di lavorare il torrone e significa fare discorsi fastidiosi, a tratti noiosi – quando esiste un filo, nemmeno troppo sottile, che unisce direttamente l’Inter all’Argentina. Sarà per i campioni che hanno vestito il nerazzurro, solo negli ultimi vent’anni parliamo di Veron, Crespo, Cruz, Passarella, Ramon Diaz, andando a ritroso Angelillo e Demaria, per esempio, tralasciando i fuoriclasse che hanno regalato il triplete ai colori del cielo e della notte considerati, a ragione, alla stregua di amici veri e propri, quasi come gente di famiglia, gente che inviti a cena e sai quanto avrai da dir loro e raccontare e quanto loro diranno e racconteranno a te. Saverio, il muro Walter Samuel, Cambiasso, il principe Diego Alberto Milito resteranno nomi scolpiti per sempre nella testa e nel cuore dell’Inter e di ogni suo tifoso, dovunque si trovi.

Oggi, a continuare la tradizione albiceleste nel capoluogo lombardo, sponda nerazzurra del Naviglio, troviamo Lautaro Martinez da Bahia Blanca e Gioacchino Correa da Juan Bautista Alberdi, provincia del Tucuman, oltre ai fratelli Carboni, Franco e Valentin, il futuro del club di proprietà Zhang.  Quindi sì, lo ammetto senza alcuna remora: non è che abbia tifato Argentina spudoratamente ma, di certo, sono stato felice nel vedere Leo Messi, un extraterrestre del calcio venuto dal pianeta nonsisadove, alzare quella coppa al cielo, ciliegina sulla torta, e anche più, di una carriera mostruosa. Non faccio nessun tipo di paragone con chi lo ha preceduto, l’immenso Diego Armando Maradona, che ho avuto il piacere di vedere giocare dal vivo più di una volta, restandone sempre rapito e affascinato: el Pibe de Oro sbagliava una partita a stagione, forse. Ma era un calcio diverso, differente (aggettivo oggi tanto di moda), non si giocavano millemila partite l’anno per la gioia e la gloria delle casse di FIFA e UEFA prima ancora che per la gioia dei club di appartenenza, chi paga gli stipendi insomma.

E mi sono commosso un filino ascoltando Lautaro Martinez con la voce rotta dal pianto, in qualche modo fiero di sapere che tornerà, presto, a vestire i miei, i nostri, colori. Onore a chi ha perso la più bella finale, forse, della storia dei campionati del mondo. Onore a Kylian Mbappé, un fenomeno destinato a scrivere ancora pagine e pagine della storia pallonara. Oggi e nei prossimi mesi l’Argentina festeggerà un titolo forse atteso, forse no: con un grande uomo a vestire la fascia di capitano, Leo da Rosario, la città del calcio.

Alla prossima.