Tre pere

Tre pere TUTTOmercatoWEB.com
sabato 27 agosto 2022, 15:07Editoriale
di Fabrizio Biasin

Che bello mettersi a scrivere al triplice fischio di Lazio-Inter 3-1. Proprio bello. Bellissimo. Ma è andata così e mica si può far finta di niente.
I nerazzurri hanno perso. E non è stato affatto un caso, né colpa della sfortuna. La Lazio ha meritato, è stata più squadra, ha dimostrato di avere le idee più chiare e, forse, meno timore reverenziale della sua avversaria più blasonata. Ecco, sì, Maurizio Sarri ha annichilito il collega Simone Inzaghi. Non è che ci voglia Pep Guardiola per capirlo, lo avrebbe notato anche mia nonna in carriola: il fumatore toscano è stato più bravo a mettere sul campo il suo 11, ha gestito meglio i 90 minuti del match, i cambi, tutto. L’ha vinta col giuoco, le invenzioni dei suoi, la capacità di trasmettere certezze al gruppo. Quelle che l’Inter, ieri, non aveva. 
E siccome stiamo parlando di due tecnici entrambi al secondo anno di lavoro con i rispettivi gruppi, è giusto rimarcare i limiti manifestati dai nerazzurri, ovvero quelli della rosa chiamata a combattere per lo scudetto, mica pizza e fichi.

La difesa ha ba-ba-ba-balbettato, il centrocampo è parso timido come il nipotino scimunito a Natale quando è costretto a recitare “Fra Martino” in piedi sulla sedia, la LuLa ha avuto la lucidità dello stratega della Ferrari. E ancora: Gagliardini ci ha provato, ma forse neppure Gagliardini avrebbe schierato Gagliardini e in ogni caso con quella mossa l’allenatore ha detto ai suoi avversari “vi temo” e questa non è mai “cosa buona e giusta”, soprattutto se per metterla sulla fisicità non ti affidi a Bud Spencer ma, appunto, a Gagliardini. E così facendo rinunci al gioco, che poi è da sempre la tua prerogativa.

Ecco, sì, ieri Inzaghi ha toppato. E con la Lazio non è neppure la prima volta. E siccome Inzaghi è bravo, sentiamo il bisogno di dover inventare una cazzata per motivare i limiti mostrati ieri.

(“Allora firmi il rinnovo, giusto Simò?”.
“Presidé, ieri sera dopo la nostra cena mi hanno chiamato da Milano, vado là…”.
“Ma come! Maledetto! Mi hai detto che firmavi! Almeno mettiti una mano sulla coscienza quando torni a giocare qui! Eccheccà, Simò!”.)

A questo punto ci illudiamo che sia andata così, almeno avremmo un motivo per capire i motivi di una sconfitta che è parsa più mentale che fisica. Ma è stata anche fisica, sia chiaro.

Bene, è il caso di drammatizzare? Per carità. L’Inter ha perso perché è una squadra imperfetta - è così - ma la buona notizia è che in Serie A si trova in buonissima compagnia. Squadre perfette non ce ne sono, siamo tutti difettati. Per questo analizzare il ko è doveroso, capire dove si è sbagliato è indispensabile, puntare il dito contro questo e quello è ultra-lecito, a patto che il tutto non venga trasformato in una tragedia, perché quella, la tragedia, ha senso solo quando tutto è perduto e qui francamente siamo ancora ad agosto, che diamine. 

Il peso di una sconfitta e il valore di un gruppo non si misurano a “palla ancora calda”, ma nelle partite successive. Quelle - le partite successive - per fortuna sono imminenti e ci diranno se l’assenteismo di Lukaku, le dormite di Brozovic e Barella, le distrazioni di Dimarco e, più in generale, i balbettìi di tutti i nerazzurri, sono stati un maledettissimo caso o qualcosa di più preoccupante.

Ecco, sì, prendere esempio da Lautaro e Dumfries - loro sì decisamente sul pezzo - e voltare pagina. Subito.