Tra un rinnovo e l'altro
Alla fine della fiera quello che avrebbe dovuto salutare, immolato sull’altare del cerchiamo di mettere più soldi possibili in cascina, quello che non bacia la maglia, non si erge a paladino dei compagni di squadra e non sventola i nostri colori nel cielo del Meazza rimane. Guadagnando una cifra consona, dal mio punto di vista, al suo valore: perché qui parliamo di un ragazzo destinato a ricoprire ruoli di primaria importanza nel calcio che sarà. Lautaro Martinez è il primo tassello dell’Inter futura. Attenzione, non futuribile: no, proprio futura. Contratto fino al 2026, così come il rinnovo di Barella a quanto ci è dato sapere. Con un plus per il giovanotto nato a Cagliari: la fascia di capitano a corollario della sua avventura nerazzurra che, parlando da tifoso, spero termini il giorno del suo addio definitivo al calcio. Non è un caso aver cominciato da questi due giovanotti di bellissime speranze e non, ad esempio, dal prossimo rinnovo del pacchetto completo dirigenziale. Da Marotta a Baccin, da Antonello ad Ausilio a Saverio per continuare a mantenere l’Inter ai vertici del calcio nostrano.
Certo, ovvio, anche a me piacerebbe poter cominciare a guardare oltre i confini indigeni, cercando la consacrazione europea: siamo stati gli ultimi a portare in Italia un trofeo continentale, abbiamo sfiorato l’Europa League mesi or sono, sfigati quanto mai e quanto mai autolesionisti, non vedo il motivo per cui non potremmo essere nuovamente all’avanguardia sul palcoscenico del pallone in Europa. Abbiamo storia, blasone, tifoseria, fame di vittorie: insomma, perché no mi chiedo. Poi leggo i conti e mi accorgo di dover aspettare qualche tempo: niente di impossibile, son passati dieci lunghi anni dall’ultimo scudetto alzato da Saverio, non ho fretta. Il progetto dell’Inter che sarà passa necessariamente dal dio quattrino: e noi, in questo preciso momento, tutto possiamo dire fatta eccezione dello sguazzare nel denaro. Inutile ripetere sempre le stesse cose, alla fine diventano pallose, tediose, una routine, una consuetudine fastidiosa: è andata così, del resto quando Suning poteva spendere qualche soldo l’ha investito, settecento milioni di euro centesimo più centesimo meno, senza nemmeno far troppa resistenza. Così come è inutile ricordare acquisti sbagliati, soldi gettati dalla finestra nell’intento di assecondare i voleri ora di un allenatore ora di un altro.
Dobbiamo attenerci a quanto accade oggi, al ora e adesso, non a ciò che è stato, esercizio completamente inutile non avendo ancora inventato una macchina del tempo con cui tornare ed evitare qualche scivolone, mi piace essere gentile di tanto in tanto, pallonaro.
Cominciamo a proseguire l’inseguimento a chi ci precede attualmente in classifica. Eliminate le scorie dettate dal pareggio casalingo contro la Juventus - ancora oggi impazza la vicenda del rigorino che non è mai rigorino ma che, in Europa, non ti fischiano per nulla, certi contatti fanno ridere tutti ma qui sono serissimi pur continuando a pensare che la classe arbitrale italica sia, complessivamente, la migliore del vecchio continente – con il successo di Empoli, la striscia va proseguita senza se e senza ma battendo l’Udinese, fisica e tosta, capace di far giocare male l’avversario di turno come poche altre in serie A aspettando il derby di domenica prossima che, quello sì, inizierà raccontarci chi siamo e dove possiamo andare.
Tempo di rinnovi, non di rinnovamento. La squadra c’è, è forte, è unita, nessuna gelosia né polemica. Quello che manca, dal mio punto di vista, sono le firme di Brozovic e Perisic, dando per scontato Skriniar e la voglia di restare del de Vrij che conosciamo.
Pazienza, tanta. E vicini alla squadra: loro hanno bisogno di sentire il nostro affetto, non le chiacchiere fatue che tanto piacciono agli avversari.
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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