San Siro sì, San Siro no: è lo stadio dei cachi. Ora la politica non si metta di traverso

San Siro sì, San Siro no: è lo stadio dei cachi. Ora la politica non si metta di traversoTUTTOmercatoWEB.com
Oggi alle 00:00Editoriale
di Marco Corradi

Si doveva chiudere entro fine luglio, anzi no, entro fine settembre. Anzi ancora, non è detto che si chiuderà perché molti consiglieri stanno valutando di votare "no" alla cessione. La questione riguardante San Siro diventa sempre più intricata di giorno in giorno e i club, sia l'Inter che il Milan, iniziano a spazientirsi. La fine di settembre è la data-limite per la chiusura del progetto, nonché la scadenza dell'offerta vincolante delle società: qualora si andasse oltre quel termine, sarebbe impossibile chiudere tutto l'iter prima che scatti il vincolo monumentale sul secondo anello del Giuseppe Meazza (i 70 anni arriveranno in data 11 novembre), che renderebbe impossibile ogni tipo di lavoro o ristrutturazione dello storico stadio.

Da un lato ci sono stati dei segnali d'apertura da parte del Comune, con la presentazione della delibera per la cessione ai club e lo sconto sulle opere di demolizione, dall'altro continuano gli elementi di disturbo e i dubbi si sommano, l'uno sull'altro fino a creare una montagna apparentemente insormontabile. Al momento abbiamo pochissime certezze su quello che sarà l'epilogo del Consiglio Comunale di fine settembre, che dovrà appunto votare il sì o il no all'operazione che porterebbe i club a diventare proprietari di San Siro. Serviranno 25 voti sui 48 del Consiglio Comunale e sono già certi almeno sette no, con tantissimi consiglieri in dubbio: sia la maggioranza che l'opposizione sono divise e l'appello al bene comune non sembra aver fatto effetto.

I consiglieri non approvano il progetto di ristrutturazione, che lascerebbe intatto solo il 9% dell'attuale stadio, e non approvano la delibera "calata dall'alto" dal Comune per accelerare i tempi: ne rimprovano la mancata discussione, le tempistiche affrettate e una valutazione dell'Agenzia delle Entrate (197mln: 73mln per lo stadio e il resto per le aree limitrofe) che non convince nessuna componente politica. La sensazione è che quello su San Siro sarà anche un voto contro il sindaco, Giuseppe Sala, e non solo un voto a beneficio dei club. Si possono dunque prevedere tutti i tipi di scenario, dall'approvazione della delibera al respingimento della stessa.

Siamo dunque al paradosso perché, mentre l'Inter e il Milan hanno deciso a chi affidare il progetto (gli studi Foster e Manica, che hanno lavorato su Wembley e gestiranno il nuovo Old Trafford) e si focalizzano sullo studiare come dovrà essere il loro nuovo stadio da 71mila posti che debutterà nel 2030 o nel 2031, non c'è la minima certezza che questo stadio nasca. Potrebbe anche arrivare un no, che creerebbe una situazione catastrofica. San Siro rimarrebbe esattamente così com'è e i club, visto che è stato bocciato dall'UEFA sia per la finale di Champions League 2026/27 che per Euro2032 con ben 11 criteri negativi sui 22 imposti dalla Federcalcio Europea, valuterebbero a quel punto di abbandonarlo e creare una nuova strada lontano dal Comune di Milano: si riattiverebbero le piste legate a Rozzano e San Donato, con una decisione da prendere sullo stadio "in coppia" o sul doppio impianto. 

Uno scenario che al momento né l'Inter, nè il Milan vogliono considerare, ma che è allo studio delle unità di crisi di entrambi i club. Beppe Marotta ha chiamato le parti politiche a una decisione forte e chiara, nelle ore precedenti e seguenti Inter-Sassuolo: "Da presidente dell’Inter e da uomo di calcio assisto ad uno scenario un po’ imbarazzante. Credo che il calcio a Milano sia messo un po’ da parte, San Siro non è stato promosso per Euro 2032. Tanti politici sono stati un po’ conservativi. Inter e Milan sono delle eccellenze, hanno l’urgenza di avere un proprio stadio. Ho fiducia nel sindaco Sala, abbiamo la forte esigenza di avere uno stadio nuovo. Lo vogliamo fare a Milano, perché le due società sono di Milano. Ma se ci fossero difficoltà di questa natura, è evidente che ci guarderemo attorno e andremo a identificare dei siti fuori dal Comune di Milano". 

Una minaccia forte e chiara, alla quale Milano si prepara a rispondere... con la politica. Secondo gli ultimi rumours, il Comune starebbe valutando di disertare la prima convocazione (giovedì 25) per la votazione, così da non far raggiungere il numero legale dei partecipanti. In questo caso, nella seconda chiamata (lunedì 29) il quorum per il passaggio della delibera scenderebbe a soli 15 votanti, numeri che verrebbero facilmente raggiunti. Una soluzione che aumenterebbe ulteriormente le polemiche e aprirebbe il fianco a ricorsi, controricorsi e carte bollate che sono già all'orizzonte: i club rischiano di rimanere impantanati in una serie di udienze per le rimostranze dei vari comitati riguardo alle modalità della cessione, il prezzo dell'acquisto, l'imponenza dei lavori e quant'altro. Non finirebbe più, dunque, l'iter che era già iniziato nei primi anni dell'era-Suning. Questo perché non serve una soluzione "di comodo", ma una risposta chiara e netta: sì o no al progetto più grande della città di Milano, dopo quelli per le Olimpiadi. 

Aspettando lunedì, la sensazione è quella di essere all'interno di un eterno loop: "San Siro sì, San Siro no, lo stadio dei cachi...". Canterebbero così Elio e Le Storie Tese, raccontando benissimo l'ennesima stortura di una classe politica che, i cachi, non ha mai smesso di raccoglierli e tirarseli reciprocamente in faccia in spregio alle richieste della cittadinanza...