Chivu-Fabregas, la resa dei conti: perché il 4-0 dell’Inter è più di una vittoria
Il 4-0 con cui l’Inter ha travolto il Como non è soltanto un risultato roboante, né la semplice fotografia di una partita dominata dall’inizio alla fine. È soprattutto una storia di panchine, visioni, identità e scelte. È un capitolo – forse il primo davvero significativo – del confronto tra Cristian Chivu e Cesc Fabregas, due allenatori agli antipodi per background ed estetica, e che in estate hanno incrociato i loro destini molto più di quanto la narrazione ufficiale lasci intendere.
La stampa e il pubblico lo ricorda con chiarezza: Fabregas era la prima scelta per il dopo-Inzaghi. Chivu, il “ripiego”. Eppure, ieri, il campo ha ribaltato tutto con una forza quasi simbolica. Il romeno non si è limitato a vincere: ha costruito un piano partita chirurgico, frutto di studio, umiltà e lucidità tattica. Ha imbrigliato il Como lasciandogli ciò che meno poteva far male - il fraseggio basso - per colpirlo esattamente nel punto in cui la squadra di Fabregas si espone maggiormente: l’uscita verso la trequarti. Lì l’Inter ha attivato un “inferno di pressioni”, trasformando ogni recupero in una transizione feroce.
È il manifesto di un allenatore pratico, quasi dogmaticamente fedele alla concretezza. Eppure l’Inter vista ieri non era solo utilitarismo: era brillantezza, ritmo, intensità, fantasia. Una squadra che sa quando soffocare e quando affondare.
Fabregas, dal canto suo, resta un allenatore di prospettiva enorme. I primi dieci minuti della ripresa – quelli in cui il Como sfiora l’1-1 – dicono che c’è un’idea, una mano, un intuito. Ma dicono anche che l’inesperienza pesa: nella dialettica, nei momenti chiave, nella gestione emotiva di una gara che può sfuggire di mano.
E qui sta il cuore dell’editoriale: ieri non ha vinto solo l’Inter. Ha vinto l’umiltà sull’ambizione, la solidità sulla seduzione, la coerenza sull’estetica a tutti i costi. Chivu non si è vendicato, non ha rivendicato. Ha semplicemente allenato meglio. Fabregas arriverà, forse più in alto di molti. Ma questa volta la lezione è stata netta.
Il “ripiego” di luglio oggi guarda tutti dall’alto, in vetta alla classifica. E la sua risposta, silenziosa ma pesante, è il calcio più antico e più moderno di tutti: parla il campo.
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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