Non è un fenomeno, ma nemmeno un bluff. Lasciate crescere Pio Esposito senza etichette

Nel calcio italiano c'è un bisogno urgente di attaccanti, giovani se possibile. La Nazionale azzurra lo dimostra a ogni raduno. In questo contesto, tutte le giovani promesse vengono accolte con entusiasmo smisurato o, al contrario, con un cinismo bruciante. È il caso di Francesco Pio Esposito, attaccante dell'Inter classe 2005, finito al centro di attenzioni esagerate che rischiano di soffocarne la crescita e tapparne le ali.
Infatti, da quando il ragazzo veste la maglia nerazzurra 'dei grandi', se da una parte c'è chi lo paragona ai grandi del passato, evocando nomi come Vieri o Toni, dall'altra, c'è chi lo liquida troppo in fretta come 'sopravvalutato', sottolineando ogni errore, ogni gol mancato, ogni prestazione opaca. Ma entrambi gli estremi sono pericolosi. Esposito è un talento, si, ma è ancora un ragazzo. Pretendere da lui ciò che ci si aspetta da un veterano è una forzatura che serve più ai titoli facili dei giornali che al calcio italiano.
Alla corte di Cristian Chivu, Pio parte dietro a due giganti: Lautaro Martínez, capitano e simbolo nerazzurro, e Marcus Thuram, uno degli attaccanti più completi della Serie A. È naturale che il suo minutaggio sia limitato, e nessuno si aspetta che metta a sedere comodamente in panchina due giocatori così affermati. Ma tutti i minuti giocati, gli allenamenti ad Appiano Gentile, le convocazioni in prima squadra e in Nazionale sono un mattoncino fondamentale nel suo processo di crescita.
Giocare - o anche solo allenarsi - accanto a campioni di quel calibro è un'occasione formativa impagabile. È lì che il 94 nerazzurro sta imparando cosa vuol dire giocare e sapersi muovere in una grande squadra, con pressioni quotidiane e un livello tecnico-tattico elevato. È lì che può affinare i movimenti, la lettura del gioco, la gestione e la pressione mentale delle partite. Anche se il campo lo vede ancora poco, quello spazio limitato è già esperienza, e va valorizzato, non sminuito. Al contempo gli elogi vanno dosati e non amplificati. Il ragazzo non deve bruciarsi e non può essere, poi, scartato dai grandi palcoscenici. Va accompagnato per amore del calcio. Per amore del calcio italiano. Si passano stagioni calcistiche intere a lamentarsi di quanto il campionato italiano sia privo di talenti che debuttano nelle prime maggiori squadre e che siano titolari. Ora in un grande club c'è l'importante occasione che un allenatore faccia crescere un 20enne. E un'altra occasione l'ha già creata e concretizzata Rino Gattuso convocandolo in Nazionale e facendolo debuttare con la maglia dell'Italia in un momento delicatissimo che vale la qualificazione ai prossimi Mondiali.
Il percorso di un giovane attaccante non è mai lineare. Servono pazienza, fiducia e margini per sbagliare.
Pio Esposito ha mostrato personalità, struttura fisica e una fame che può portarlo lontano. Ma ha bisogno di tempo e, soprattutto, di un contesto che non lo divori troppo presto. E questo vale per i tifosi, per i media e anche per chi, forse con troppa fretta, già disegna la sua carriera in bianco o nero.
L'Italia ha bisogno di giovani. Il calcio italiano ha bisogno di talenti. L'Inter lo sa, e la Nazionale lo spera. Per questo oggi più che mai è fondamentale proteggere il giocatore dalle etichette e dagli eccessi. Lasciamolo crescere, senza caricarlo di aspettative o condanne premature. Il futuro non si costruisce con i paragoni, ma con i minuti in campo, il lavoro quotidiano e la capacità di sbagliare per migliorare.
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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