Nerazzurro il colore che amiamo
Per una volta vorrei partire da qualche anno fa, tralascerei volontariamente l'attualità: perché bisogna sempre ricordare cosa eravamo e da dove siamo partiti, altro che balle. Senza viaggiare troppo indietro nel tempo, senza tornare a partite da tachicardia sinusale con salvataggi assurdi sulla linea di porta e gol segnati senza portiere ma salutati come mezze rovesciate volanti. Perché quello eravamo, non venivamo da stagioni esaltanti, vittorie inanellate una dopo l'altra, prestazioni indimenticabili, spogliatoio unito e coeso, tutti a remare nella stessa direzione. Pian piano siamo cresciuti, e come forza d'urto della squadra e come convinzione mentale, senza quella non vai da nessuna parte altrimenti. Un biennio gestito da un allenatore stacanovista del lavoro, ossessivo a tratti, capace come pochi nella gestione dei propri uomini sulla lunga distanza, le partite secche o le coppe internazionali lasciamo perdere per adesso, magari in seguito, la conquista del diciannovesimo senza se e senza ma, dominando in un lungo e in largo.
Inutile ricordare gli addii inattesi, lo stesso allenatore, l'ex centravanti tifoso di troppe squadre, forse un filo confuso, gli arrivederci che non vorresti mai vedere, Christian resta sempre nel mio cuore e continuo a godere delle sue performance anche se ottenute con una maglia diversa dalla nostra, le cessioni che lo sapeva anche il mio fruttivendolo, notoriamente juventino, lo sanno tutti in zona e non fa nulla per nasconderlo, nella fattispecie ovviamente Hakimi, perché i bilanci vanno sistemati in qualche maniera e Suning, legata mani e piedi all'economia cinese, non sta navigando nell'oro anche se il peggio sembrerebbe alle spalle. Lo ricordo spesso, parlando e scrivendo: criticare ha davvero poco senso. Anzi, per me ne ha zero. Vi consiglio una lettura interessante, di quelle che aprono la mente: i tweet di molti tifosi interisti durante la scorsa estate o, in alternativa, le famose griglie di partenza di questo campionato stilate ad agosto duemilaventuno. Davvero, lo trovo particolarmente istruttivo.
Oggi si consuma l'ultimo atto stagionale, dove continuiamo a essere protagonisti ma, nostro malgrado, non più artefici di un destino malvagio e baro. Lo so, dà fastidio. A Voi ma anche a me. C'è, forse, la sensazione di aver abdicato per eccesso di sicurezza: potevi trovarti là davanti, ne hai avuto l'opportunità ma, ahimè, l'hai sprecata in malo modo, sopraffatto dall'ansia e dalla frenesia. Però non è ancora il tempo dei bilanci, dei rimpianti, delle afflizioni. È il tempo della Sampdoria, di giocare coi blucerchiati come fosse la partita della vita, di non lasciare nulla d'intentato, questo sarebbe imperdonabile: sarebbe ricadere in un errore già commesso più di una volta in questa stagione. Sarebbe non corretto per chi segue l'Inter, per la sua gente. Quindi vediamo di vincere l'ultima, davanti a un Meazza gremito, con tanta gente che lo so, ne sono sicuro, tributerà un applauso enorme a questi ragazzi poco prima delle venti. Indipendentemente da cosa capiterà nel bel mezzo della pianura padana, nella terra dell'erbazzone, il giorno di Santa Rita. Alla fine vince una sola: noi qualcosa abbiamo già portato a casa, nemmeno poco poco viste le aspettative e i ridimensionamenti vari ed eventuali. Dopodiché, ricordiamocelo: nella gioia e nel dolore. Altrimenti, fare i tifosi solo quando va bene, non è fare i tifosi.
Alla prossima.
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
Direttore Responsabile: Lapo De Carlo
Iscritto al Registro Operatori di Comunicazione n. 18246
© 2024 linterista.it - Tutti i diritti riservati