Ma come gioca bene l’Inter
Confesso, sono rimasto seduto davanti alla televisione accesa mentre Di Bello fischiava la fine del primo tempo. Un filo attonito, un filo imbesuito (traduco con rimbecillito), un filo incredulo ma, senza il minimo dubbio, gaudente. Erano anni (cit.) che non vedevo l’Inter disegnare calcio, dipingerlo sulla tela. Squadra a tratti addirittura entusiasmante, padrona del campo, cresciuta in maniera esponenziale dal punto di vista della convinzione nei propri mezzi. Senza stare a montarsi la testa - non abbiamo vinto nemmeno un pacchetto di patatine quindi attenzione attenzione, un passetto alla volta – l’impressione, tanto per dire, è che i nerazzurri siano davvero sulla strada per diventare una macchina da guerra, calcisticamente parlando. Ci sono momenti della partita in cui sembra che gli undici in campo si conoscano a memoria, capiscano al volo le intenzioni del compagno di squadra. Orchestrati, in tutto ciò, da un Brozovic di livello mondiale al cui fianco giostra, con grande soddisfazione di tutti, il Calhanoglu che molti non si aspettavano. Io ho nel cuore Eriksen, classe immensa e piede sopraffino: ma Hakan sta davvero impegnandosi per farcelo rimpiangere sempre meno. Anche a Roma prestazione di livello, impreziosita dal gol, dall’assist per Dzeko, da tanti palloni giocati senza mai buttarne uno a casaccio. Razionale in ogni circostanza, ha appreso i dettami di Simone da Piacenza e li ha fatti suoi traducendo sul campo i suggerimenti e le dritte del nuovo condottiero interista.
Già, Simone Inzaghi. E parliamone un minuto di Simone Inzaghi.
Scelto da Beppe Marotta, questa squadra è costruita secondo i dettami del Beppe (anche Lei ci scusi, sa, se la chiamiamo per nome ma ormai è parte integrante della famiglia) coadiuvato da Piero Ausilio e Dario Baccin, il giovanotto – è giovane Simone, un uomo di quarantasei anni che siede su una panchina tanto prestigiosa quanto complicata è giovane – si è calato immediatamente nel personaggio. Ha capito e compreso i meccanismi che regnano ad Appiano Gentile. Non ha mai prevaricato chi, su quella panchina, si è seduto prima di lui vincendo uno scudetto. Non si è comportato come un elefante in una cristalleria. Ha saputo restare al suo posto prendendo possesso, giorno dopo giorno, dell’ambiente nerazzurro. Ha liberato la testa dei suoi giocatori e, seppur urlante dal primo all’ultimo minuto di ogni partita, non li guida come tanti soldatini. I suoi hanno recepito il messaggio e, dal primo all’ultimo minuto, cercano di ripagare l’allenatore e i tifosi sciorinando calcio come non ci fosse un domani.
Sia chiaro, ciò non significa l’Inter è la squadra più bella e più forte del mondo, ci mancherebbe: però, ci tengo a sottolinearlo, è un’orchestra che conosce a menadito lo spartito e, da qualche tempo a questa parte, non stecca più. Nemmeno una nota.
Tutti possono avere un posto nell’Inter, basta correre l’uno per l’altro, aiutarsi, imparare le posizioni da tenere, evitare di mandarsi bellamente a quel paese durante la partita, c’è sempre tempo dopo se proprio rimane qualcosa da dirsi: bisogna sacrificarsi e lottare, perché quella è la strada che può portarci a traguardi importanti.
Io non so come finirà la stagione, nessuno di noi lo sa. Una certezza, però, ce l’ho: come gioca l’Inter, come cazzarola gioca bene l’Inter.
Alla prossima.
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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