Dumfries ha poco del bauscia e molto del lavoratore indomito. E Sommer è bravo vero
Partita esattamente come ce la aspettavamo un po’ tutti quella del tardo pomeriggio di ieri: sporca, problematica, complicata, figlia del solito calendario incomprensibile, del solito giochiamo quanto più possibile in nome e per conto del dio denaro, non certo della gloria. E se i giocatori si infortunano ogni due per tre mica sarà per colpa di un numero considerevole di partite: dai, su, non scherziamo, si tratta solo di correre dietro a un pallone in mutande (pluricit.), cosa volete che sia.
L’Inter vince, viva l’Inter. Vince con pieno merito, nonostante un primo tempo giocato al rallentatore, velocità media di un boxer senza variatore sul Mortirolo. Vince perché Inzaghi, in questa stagione, si gira e sa esattamente a chi dire di smettere la tuta. Vince perché ha uomini decisivi i quali, se innescati in maniera corretta, fanno tutta la differenza di questo mondo: in barba a quanti (mica pochi) ehhhh, ma Thuram sarà mica una punta che segna. Poi, per fortuna, parla il campo.
L’Inter vince perché in porta, al posto di un ragazzo che ha lasciato ricordi indelebili nei cuori dei tifosi nerazzurri, ha acquisito i servigi di uno bravo ma bravo vero, atterrato a Milano tra l’indifferenza generale che come si fa a spendere quattro milioni per un estremo difensore ultra trentenne. Invece Yann Sommer da Morges, ridente città del Canton Vaud bagnata dalle onde lievi del Lago Lemano, vale ben oltre il qualche milione di euro speso per portarlo ad Appiano Gentile. A Torino, prima della sveglia suonata a inizio secondo tempo, ci ha messo le manone in un paio di circostanze assai pericolose, mantenendoci in linea di galleggiamento. Io amo osservare come si muovono i portieri, sarà per via dei miei pessimi trascorsi da numero uno di dubbie capacità e, dal mio personalissimo punto di vista, Sommer appartiene alle zone nobili di una ipotetica classifica europea del ruolo: certo, pecca un filo in altezza, ma tra i pali ce ne sono pochissimi abili e reattivi quanto lui. Non tirate in ballo la mezza papera col Sassuolo: ho visto nomi ben più altisonanti e pubblicizzati fare di molto peggio. Perché in quel ruolo ci sta, di sbagliare ogni tanto intendo.
A parte il portiere rossocrociato, avrebbe detto il mitico Giuseppe Albertini, voce radiofonica e televisiva del calcio soprattutto elvetico, indimenticabile compagnia della mia infanzia pallonara, una nota di merito la vorrei spendere per un giocatore cresciuto davvero in maniera esponenziale negli ultimi mesi, uomo ovunque lungo l’intera fascia destra nerazzurra: ovviamente parlo di Denzel da Rotterdam, completo come pochi nel panorama degli esperti del ruolo non solo europei, tanto per fare i bauscia. Ma Dumfries ha poco del bauscia e molto del lavoratore indomito: confesso, lo vedo ridere poco. Ma la cosa non mi turba né mi interessa: mi interessa, piuttosto, la sua richiesta, mica tanto tra le righe, di continuare l’avventura interista. Mi interessa e mi intriga sapere di poter contare su Denzel anche negli anni a venire. Magari.
Torino alle spalle: bisognava vincere, si è vinto con un secondo tempo da squadra di rango. Ora martedì: lo sappiamo un pochino tutti, vincere avrebbe un grande significato per il futuro della nostra Champions. Dunque riposare e testa all’Europa, per continuare sull’onda del post Benfica.
Alla prossima, avanti l’Effecì.
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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