BAR ZILLO - Qui lo dico e qui non lo nego. Manco sotto tortura

BAR ZILLO - Qui lo dico e qui non lo nego. Manco sotto torturaTUTTOmercatoWEB.com
martedì 8 giugno 2021, 09:12Bar Zillo
di Gabriele Borzillo

Qui lo dico e non lo nego, manco sotto tortura: ci sono personaggi, all’interno di uno spogliatoio, che fanno la differenza. Danno quel quid in più incomprensibile per noi comuni pedatori del sabato mattina, del torneo sotto l’ombrellone che dopo cinque minuti boccheggi, chiedi il cambio ed esci sudato come un tricheco nel deserto, brutta immagine però alzi la mano colui al quale non è mai capitato. L’Inter, lungo il percorso verso la conquista del diciannovesimo, al fianco dei numeri uno innegabili, Hakimi, Barella, Lautaro, Lukaku, Brozo, Eriksen o chi volete voi ha scoperto un paio di quelli comunemente definiti senatori, calciatori poco appariscenti ma molto pesanti all’interno del gruppo. Cioè, erano già qui da anni e, pur dando quanto nelle loro corde anche nei periodi di vacche magrissime, che magre è già fare gli sboroni, continuavano a essere considerati più che altro retaggio delle Inter che furono.

Con l’arrivo di Antonio Conte si sono riscoperti importanti per la causa e raramente hanno toppato prestazione. Oggi, dopo essersi cuciti lo scudetto sul petto come tutti noi, i dirigenti nerazzurri hanno pensato che no, magari non era ancora il caso di lasciarli andare: perché loro, al di là di esperienza da vendere, hanno quello che comunemente chiamiamo senso di appartenenza. Succede nello sport quando decidi di sposare una causa. E no, lascerei da parte il discorso del non c’è un euro quindi cerchiamo di arrangiarci con quel che passa il convento, un po’ come quando arrivano gli amici all’improvviso e ti inventi la cena con quanto hai in casa.

La mia personalissima impressione, avendo imparato a conoscere più da vicino il modus operandi di Beppe Marotta, è che l’amministratore delegato nerazzurro ritenga fondamentale il senso del gruppo. Quel senso di appartenenza di cui parlavo poco sopra. In quest’ottica Andrea Ranocchia, capitano non titolare della truppa e Danilo D’Ambrosio, uno che segna 5 gol a stagione poi vai a vedere e hanno portato in saccoccia 11 punti ad andar male, sono il trait d’union tra l’Inter che è stata, che è e quella che sarà. Ci sono storie, personaggi, calciatori, che non si mettono da parte con una pacca sulle spalle, grazie e ci vediamo la prossima: ecco, per me loro rappresentano l’interismo vissuto in epoche di povertà assoluta, pochi lamenti, forse nemmeno uno, massimo impegno, professionalità, voglia di dare tutto per la maglia. Io loro li vivo e li vedo così: i due grandi vecchi silenti con gli addetti ai lavori ma voci pesanti nel gruppo squadra. E il rinnovo non è un premio scudetto, ma il poter schierare due giovanotti che offrono garanzie, a cominciare dall’attaccamento ai colori. Oggi è già tantissima roba.