Il 2021 in pillole - Eriksen, la grande paura e poi il sollievo
A Copenaghen, quel maledetto dodici giugno, il tempo si è fermato. Al Parken si gioca Danimarca-Finlandia, match d'esordio per entrambe a Euro 2020: è il minuto quarantatré quando Christian Eriksen, stella della selezione di Hjulmand, si accascia al suolo. Che qualcosa non vada lo s'intuisce subito: prima Maehle e poi Kjaer prestano tempestivamente soccorso a Chris. Un intervento provvidenziale, col senno di poi. L'angoscia monta rapidamente, Eriksen ha perso i sensi e non risponde agli stimoli. Intervengono i sanitari, quasi risucchiati sul tappeto verde dello stadio dai gesti concitati dei giocatori in campo.
Undici minuti. Che possono essere fugaci istanti o ere geologiche, nessuno sa dirlo. Il tempo e la sua percezione sono sospesi, fluttuano al di sopra delle teste dei presenti al Parken, o degli spettatori a casa. Si apprenderà solo in seguito che il massaggio cardiaco è durato undici minuti, un'eternità e al tempo stesso sottilissimo confine tra vita e morte. Le voci si rincorrono rapidamente, fino alla conferma più bella: Christian è cosciente ed è stato trasportato in ospedale.
Seguiranno giorni di convalescenza lontani dal clamore mediatico e dagli occhi curiosi delle telecamere. Giorni preziosi per ritrovare serenità, per scacciare le strazianti immagini del pianto a dirotto della compagna, o dell'eroico "scudo" dei compagni di squadra, per custodire la sacra riservatezza di un momento così delicato. Christian sta bene, di recente ha riabbracciato i compagni alla Pinetina, si gode la famiglia a Copenaghen. Questo è tutto ciò che conta. Il resto, il superfluo, se potrà tornare o meno in campo, verrà valutato con tutta la calma del mondo. E con uno straordinario senso di sollievo.
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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