Da Spalletti ad Inzaghi: focus sull’evoluzione tattica dei nerazzurri
Quella che stiamo vedendo da un mese a questa parte è forse l’Inter migliore dell’ultimo decennio. Una squadra con una chiara identità, armoniosa, libera e soprattutto - particolare non da poco - vincente. Grandissimi meriti vanno attribuiti senza alcun dubbio a mister Simone Inzaghi, ma deve esser chiaro a tutti - ovviamente non prendendo in considerazione i numerosi casi di malafede di qualche “supporters” interista - che questa è una creatura ora sì quasi perfetta, ma maturata negli anni. Non devono dunque esser sottovalutati o, al peggio snobbati, due tecnici che hanno ridato linfa e autorevolezza alla Beneamata: Luciano Spalletti e Antonio Conte. Cerchiamo allora di capire insieme, con l’ausilio di pochi pochissimi dati, come l’Inter si è evoluta tatticamente nelle ultime cinque stagioni.
Il prezioso biennio spallettiano dopo una stagione disastrosa
Ce la ricordiamo tutti l’Inter del 2016-17? Beh, per chi l’abbia voluta rimuovere dalla propria mente – e ha tutto il mio appoggio in tal caso – potrei provare io a rinfrescare la memoria di qualcuno, tornando indietro nel tempo. L’Inter nel giro di nove mesi passa tra le mani di tre allenatori (de Boer, Pioli e Vecchi), chiudendo la stagione al settimo posto in campionato, dopo aver perso 14 volte e subito la bellezza di 49 gol: un vero disastro. Ed ecco che in estate, dopo anni di ‘sangue amaro’ per la questione Totti, Luciano Spalletti lascia Roma e approda ai piedi della Madonnina. Il tecnico toscano conferma il 4-2-3-1 ma, grazie alla coppia Skriniar-Miranda ed una finalmente organizzazione in fase di non possesso, riesce a far vivere serate tranquille al povero Samir Handanovic: 30 e 33 le rete incassate nel biennio. L’Inter, sotto la gestione Spalletti crossa come nessuno in Serie A (28 e 29 cross di media a partita), ma inizia realmente a capire cosa voglia dire ‘costruire dal basso’. Luciano nel gennaio 2018 si inventa Brozovic mediano e così i nerazzurri hanno in campo tre registi: il croato, Cancelo e Rafinha. Meneghini che chiudono due campionati al quarto posto, ma limitano i passaggi lunghi (nel 2018 solo 49 in media a partita, quando tutti in Italia sfondavano il muro dei 54) con un possesso medio che va dal 55 al 56%.
Le sicurezze portate da Antonio Conte
Ma Marotta sa che la squadra ha bisogno di stimoli diversi e porta a casa il costruttore per eccellenza: Antonio Conte. Con il manager salentino l’Inter passa alla difesa a tre e Brozovic diviene sempre più il faro della manovra. Inizialmente i nerazzurri provano ad alzare la pressione nella metà campo avversaria, ma capiscono ben presto che non è forse il modo migliore per sfruttare le caratteristiche della coppia offensiva formata da Romelu Lukaku e Lautaro Martinez. Così tra il 2019 e il 2021 il possesso medio interista non supera mai il 52%, ma la fase offensiva tocca vette impensabili: 170 i gol realizzati in due stagioni di Serie A. L’Inter, inoltre, nei due anni contiani alza letteralmente un muro davanti ad Handanovic, vantando sempre la miglior difesa del torneo. Ma aldilà dei numeri quella del salentino è una squadra con una chiara identità di gioco, che poggia le basi su meccanismi oliati. Un collettivo che trasuda consapevolezza nei propri mezzi, ma che ha forse il difetto di non riuscire ad essere imprevedibile, troppo legata ai rigidi dettami tecnico-tattici del proprio comandante.
L’Inter ‘libera’ di Simone Inzaghi
Antonio Conte, preoccupato dalla questione societaria, decide di salutare la Milano nerazzurra, che dopo pochi giorni abbraccia Simone Inzaghi. L’ex tecnico biancoceleste non hai mai badato troppo alle operazioni in uscita, preferendo focalizzarsi sul campo e sul lavoro da svolgere allenamento dopo allenamento. Così Simone conferma il solido 3-5-2, apportando però qualche modifica. Comprende innanzitutto che la squadra, orfana di Lukaku, non può più affidarsi ad unico trascinatore. La sua Inter, sin dalle prime giornate, sfrutta al meglio tutte le armi a disposizione, esaltando il collettivo. La Beneamata diviene presto una squadra fluida: Lautaro svaria per l’intero fronte offensivo, liberando spesso lo spazio per le avanzate di Skriniar e Bastoni - mai così propositivi in era contiana - e soprattutto il terzo di centrocampo funge da libero ispiratore della squadra. Parliamo di Hakan Calhanoglu, ormai fondamentale, insieme ovviamente all’insostituibile Brozovic, nell’orchestrare la manovra nerazzurra. L’Inter anche grazie al turco tiene molto di più il pallone, gestendo il ritmo della partita: 56.1% il possesso medio in questo girone di andata. I nerazzurri, però, non hanno appunto azzerato quanto fatto nelle scorse stagioni, dato che crossano 20 volte di media a partita. Numeri che giustificano quindi i 12 gol segnati di testa in queste prime 19 giornate di campionato. Senza dimenticarsi del fatto che da sei gare consecutive l’Inter mantiene inviolata la propria porta. Insomma, quella che stiamo osservando è una squadra solida, ricca di soluzioni e armoniosa. In una parola: libera.
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