Cristian Chivu: uno sguardo alla carriera dell’allenatore dell’Inter

Cristian Chivu: uno sguardo alla carriera dell’allenatore dell’InterTUTTOmercatoWEB.com
Oggi alle 15:00News
di L'Interista Redazione

Chi ha vissuto gli anni d’oro dell’Inter del Triplete ricorda bene Cristian Chivu. Non era tra i nomi più chiacchierati, non faceva proclami, non cercava le copertine. Ma quando c’era da lottare, da stringere i denti o semplicemente da fare le cose per bene, lui c’era sempre.

Oggi Chivu è tornato al calcio che conta con un nuovo ruolo: quello dell’allenatore. E anche qui, come quando era giocatore, si è fatto strada in silenzio, partendo da lontano, costruendo passo dopo passo. Nessuna scorciatoia, nessuna corsia preferenziale. Solo lavoro.

Dagli inizi in Romania all’Ajax

Cristian Chivu è nato a Reșița, in Romania, nel 1980. È figlio d’arte: suo padre, Mircea, è stato calciatore professionista. Cresciuto con il pallone tra i piedi, ha iniziato a farsi notare molto presto, tanto che a soli 18 anni si trasferisce all’Ajax, in Olanda. In un club abituato a far crescere talenti, Chivu si impone subito. Gioca, comanda la difesa, impara i meccanismi di un calcio tecnico, offensivo, organizzato.

Diventa capitano a soli 21 anni, un segnale di quanto fosse rispettato dentro e fuori dal campo. Ma il richiamo dell’Italia, con il fascino della Serie A di quegli anni, era troppo forte per resistere.

Roma e poi Inter

Nel 2003 arriva alla Roma. Con i giallorossi gioca quattro stagioni di buon livello, ma è nel 2007 che arriva la svolta: passa all’Inter. In nerazzurro trova una squadra affamata, un gruppo che sta nascendo per vincere tutto. E lui si inserisce alla perfezione. Gioca da centrale, da terzino, si adatta a tutto. Non fa mai polemica, mai una parola fuori posto.

Nel 2010 arriva il Triplete: Serie A, Coppa Italia, Champions League. Un’impresa che resta nella storia del calcio italiano, ottenuta contro ogni pronostico come dimostravano i bookmaker e i siti sportivi NetBet. Chivu è parte di quella squadra, un soldato prezioso in un esercito compatto. In totale, con l’Inter, giocherà più di 160 partite in sette stagioni, vincendo anche altri trofei e lasciando un ricordo indelebile nei tifosi.

L’infortunio e il caschetto

Uno dei momenti che ha segnato la sua carriera, e forse anche la sua immagine pubblica, è stato l’infortunio alla testa nel 2010. Una frattura al cranio che avrebbe potuto mettere fine alla sua carriera. Dopo mesi di recupero però, torna in campo con un caschetto protettivo, diventato il suo marchio di fabbrica. E gioca come prima, senza paura. Quell’episodio dice molto del suo carattere.

La nuova carriera da allenatore

Dopo il ritiro nel 2014, non ha mai davvero lasciato il calcio. Ha studiato, ha osservato, si è preparato. E quando ha deciso di cominciare ad allenare, l’ha fatto con lo stile che lo ha sempre contraddistinto: in silenzio e lavorando. L’Inter gli ha dato fiducia affidandogli i giovani: prima l’Under 14, poi l’Under 17, fino ad arrivare alla Primavera e ora la Prima squadra.

Con i ragazzi ha fatto bene. Non solo nei risultati, ma nella crescita individuale dei giocatori. I giovani lo ascoltano, perché sanno che parla con esperienza vera. E lui sa cosa vuol dire giocare ad alti livelli, gestire la pressione, superare i momenti difficili.

Un profilo diverso per l’Inter ma familiare

Chivu ha dimostrato di non essere l’allenatore delle frasi fatte o delle grandi sceneggiate. È uno che studia, che osserva, che si prepara. Preferisce far parlare il campo, come ha sempre fatto. Chi lo conosce dice che ha un’idea di calcio moderna, ma concreta. Non è un fanatico del possesso, né del contropiede: cerca equilibrio, solidità, intelligenza. In fondo, quello che era anche da giocatore.

E oggi, da allenatore, porta con sé tutto quello che ha vissuto. L’Ajax, la Roma, l’Inter, le vittorie, gli infortuni, le difficoltà.