Beccalossi: "Giocare a San Siro? Meraviglioso, lo vivi a mille all'ora. Se non lo reggi non sei da Inter"

L'ex giocatore nerazzurro Evaristo Beccalossi ha presentato oggi la sua autobiografia "La mia vita da numero 10" a Milano, affrontando diversi temi dagli esordi fino all'attualità: "Il primo gol non lo dimenticherò mai, dissero che fu un gran gesto tecnico. Io sinceramente pensai che invece fu più un gesto institivo. A volte i miei compagni all’Inter si aspettavano la mia giocata, mi sentivo la responsabilità addosso perché sapevo che si facevano in quattro e correvano anche per me". Proprio il gruppo, a volte, è stata l'arma in più dell'Inter: "Con Oriali ho un rapporto speciale, è la mia coscienza. Quando smisi di giocare lui diventò procuratore e gli chiesi dei consigli quando verso la fine della mia carriera andai a Barletta in Serie B. Ricordo che durante il viaggio per andare a firmare mi fermai in austrostrada all’altezza di Pescara, chiamai Oriali e mi disse che era tutto ok. Firmai per il Barletta, Oriali non volle neanche mille lire per il lavoro che fece per me. Per me è un fratello".
Sul calcio di oggi: "Adesso mi sento dire termini come: preventiva, scivolare via, braccetto. Mi sembrano robe scientifiche più che calcistiche. Però a me piace parecchio essere a contatto con i giovani, li ho seguiti anche in Nazionale ed è una grande crescita. La soddisfazione è vedere quando arrivano in alto. Ora i giovani devono crescere con delle persone credibili e che sappiano capirli anche dal punto di vista psicologico. Molti dei nostri ragazzi ora hanno la testa pesante e non sono liberi mentalmente. Io soffrii mentalmente quando sbagliai due rigori contro lo Slovan Bratislava. Ma i tifosi interisti mi hanno sempre voluto bene e li ringrazierò per sempre. Da lì capii che dalle negatività si possono tirare fuori anche delle positività".
L’avversario da battere a tutti i costi? "Già dai miei tempi la Juventus bisognava batterla. Giocare contro dei campioni mi esaltava, batterli sportivamente era un emozione unica. Il Milan? E' sempre il derby e ci mancherebbe, ma non era ancora la squadra di Berlusconi. Sinceramente mi sarebbe piaciuto affrontare quel Milan. Giocare a San Siro è meraviglioso. Ti da quel 30% in più e lo vivi a mille all’ora. E se non sai reggere le pressioni che genera non sei un calciatore da Inter. Per fare 7 anni a San Siro come me devi essere tosto, sono contento di essere riuscito a ritagliarmi uno spazio nella storia dell’Inter. Mi spiace che il rapporto con il club non si è chiuso bene, se fossi stato più maturo magari sarebbe andata diversamente. Sono andato via a 28 anni, nel pieno della mia carriera. Mi dissero che dovevo andar via. Ormai fa parte del passato, resta un rammarico".
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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