Autostrada per il Bosforo. Siamo stati bravi a non dar retta a nessuno
Avventura stagionale in campionato terminata, qualificazione Champions centrata, che poi era l’unica cosa interessante da un certo momento in avanti: da quel disgraziato filotto invernale dove hai raccolto una miseria, lasciando fuggire il Napoli indisturbato verso la conquista del titolo ma, soprattutto, incasinandoti la vita tanto da essere, a un certo punto, settimo in classifica. Proprio settimo, con un calendario demenziale oltre a una considerevole aura di sfiga ad aleggiare sopra Appiano Gentile. Insomma, inutile adesso fare quelli che io tanto lo sapevo: eravamo messi male, e per male intendo proprio male. Quindi doppiamente bravi. A non dar retta a nessuno, a proseguire come se nulla fosse, a lavorare invece di sprecare tempo nel rispondere a quesiti concentrati più su un eventuale Armageddon nerazzurro che non su disquisizioni tecnico tattiche che sembravano passate di moda.
Invece quel demonio di Simone Inzaghi da Piacenza ha zittito tutto e tutti. Dall’oggi al domani la squadra ha iniziato a macinare calcio, è tornata a divertirsi e divertire, imponendosi proprio quando tanti, forse troppi, erano pronti a recitare il De Profundis. Invece oggi, svolta l’ultima pratica ufficiale per quanto riguarda la stagione 2022/23 tra i patri confini, sono tutti in coda per controllare documenti e bagagli: si parte, destinazione Istanbul, una delle città più belle del mondo. Senza timore alcuno di smentita.
L’ho scritto una volta, lo ripeto volentieri: raccontare adesso io lo sapevo è esercizio stucchevole. Certo, qualche inguaribile ottimista c’è sempre all’interno di una tifoseria. Non è il mio caso. Non avevo certezze rispetto al passaggio del girone pur non sentendomi minimamente tagliato fuori, del resto siamo o non siamo l’incubo dei catalani nelle partite da dentro o fuori ma, allo stesso tempo, non potevo immaginare nemmeno nei miei sogni più belli da interista un finale scritto e orchestrato da un immenso sceneggiatore.
L’Inter va all’Ataturk, domando scusa ma lo trovo stadio non particolarmente azzeccato per un evento di queste dimensioni, pista di atletica che non permette una visuale degna di questo nome, ad esempio, con un cumulo di speranze e, soprattutto, senza la pressione di dover vincere a tutti i costi. Gli strafavoriti sono i nostri avversari, in grado di costruire una super corazzata spendendo e spandendo oltre un miliardo e mezzo di euro negli ultimi anni. Siamo i Davide della situazione? Assolutamente sì, il ruolo di Golia lo lasciamo alla truppa di Guardiola il quale, al contrario di molti non addetti ai lavori o presunti addetti, conosce perfettamente il calcio italiano e sa quanto possa far male snobbare le squadre del Bel Paese.
In questo contesto la partita di Torino resta un discreto allenamento, nulla più. Certo era importante vincere, era importante più per continuare in quella tendenza di buone prestazioni che ci ha accompagnati negli ultimi due mesi: anzi, a dir la verità alcune prestazioni sono state spettacolari, altro che buone. Era importante anche perché così non si tira nemmeno in ballo, per quel che può interessare, la favola dei punti, di come sarebbe finita, di tante piccole amenità che il successo di ieri sera ha tacitato.
Ora riposiamo, soprattutto oggi. Uso il noi perché certo, in campo vanno i giocatori, ma l’ansia la vivono maggiormente i tifosi: quando sei sul terreno di gioco pensi solo a correre e dare tutto, noi sono due mesi che abbiamo le palpitazioni per tutti gli impegni ravvicinati ai quali abbiamo assistito, col cuore in gola.
Bravi i ragazzi, bravo Simone.
Avanti l’Effecì.
Alla prossima.
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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