Maicon: "Contro la Juve il mio gol più difficile. Mentalmente e tatticamente eravamo troppo forti"

Maicon: "Contro la Juve il mio gol più difficile. Mentalmente e tatticamente eravamo troppo forti"
© foto di Federico De Luca
domenica 6 giugno 2021, 11:08Primo piano
di Alessio Del Lungo

L'ex terzino destro dell'Inter, Maicon Douglas, ha rilasciato una lunga intervista a Inter TV nella quale ha ricordato momenti significativi della sua avventura in nerazzurra attraverso delle foto. Di seguito le sue dichiarazioni: "Io San Siro lo chiamo il gigante perché l'urlo di questo stadio è unico. Quando giochi i derby è veramente speciale. Il mio primo gol lo feci contro il Milan in una partita speciale e l'urlo dei tifosi si alzò di più"

Il primo derby vinto per 4-0 è stata la partita della consapevolezza?
"Sì, sicuramente. Quando arrivò Mourinho ha chiesto i calciatori nel posto giusto... La prima partita del 2009/2010 la pareggiammo contro il Bari neopromosso e qualcuno diceva che l'Inter non avrebbe vinto quell'anno. Sneijder arrivò venerdì, il mister lo mise subito in campo sabato, lui fece vedere che giocatore era, facemmo una partita strepitosa e vincemmo 4-0 quindì lì hanno capito tutti che avremo fatto qualcosa di straordinario".

Dove andasti ad esultare dopo il gol?
"Dai miei amici perché avevamo fatto una scommessa il giovedì prima della partita a casa di uno di loro. Era un ragazzo milanista, ma una brava persona (ride, ndr) e quindi sono andato là a dirgli che avrebbe pagato la scommessa".

Poi gli mostrano un'immagine del 5-0 al Genoa.
"Questa sicuramente fu un'altra grandissima partita. Bella, bella. Eravamo una squadra molto forte, sia mentalmente che psicologicamente: eravamo completi. Dimostrammo a Genova la nostra forza".

Lei e Zanetti funzionavate alla perfezione.
"Sì, spesso io andavo e lui copriva. Faceva quel ruolo benissimo, ma tutto ciò che faceva il capitano era di grandissima qualità. Tatticamente eravamo troppo forti, riuscivamo a fare delle partite... Quando entravamo con gli occhi della tigre in campo si vedeva che eravamo mentalmente forti. Abbiamo fatto delle partite strepitose, Stankovic poi faceva quei gol lì al volo che era una roba impressionante, non so cosa riusciva a fare. Fu una partita vinta meritatamente, poi segnò anche Vieira che fece un grandissimo gol ed io fui molto felice per lui che faticava a causa degli infortuni. Ormai era un calciatore verso la fine della carriera e lì dimostrò che c'era ancora".

Sul gol di Stankovic lei imita il suo movimento.
"Sì (ride, ndr). Ho visto queste immagini, c'è Balotelli che alza le mani ed io che faccio lo stesso movimento dietro. Pensavo che se avesse fatto lo stesso gesto che facevo io la palla sarebbe entrata sicuramente (ride, ndr). Fu un grandissimo gol".

Gli mostrano un'immagine del gol contro la Juventus.
"E' il gol più difficile, ma bellissimo. E' arrivato in un momento particolare del campionato nel quale avevamo capito che quella partita era un dentro o fuori. La Juventus era fortissima, in un momento impressionante, ma ce l'abbiamo fatta grazie anche al mio grandissimo gol... Sono riuscito a dare il mio contributo alla squadra che era fondamentale, ciò per cui scendevo in campo. Poi se riuscivo a fare questi gesti qua per me erano momenti indimenticabili".

Ci racconta quel gol?
"Tatticamente facevamo così ed io rimanevo fuori area nei calci piazzati. Mi hanno lasciato da solo, ma non sapevo che la palla sarebbe arrivata così... Poi devi fare le cose in pochi secondi perché non c'è tanto tempo, bisogna fare veloce e ce l'ho fatta. Sono immagini che faccio vedere ai miei figli per fargli capire le cose belle della vita... Menomale che mi hanno lasciato così da solo".

Prima di calciare però salta Amauri.
"Sì, lui arrivò, ma, come tutti gli attaccanti, non sapeva marcare".

L'esultanza fu rabbiosa. Come mai?
"La gente parlava troppo su quello che facevo in campo, ma non sapevano che era quello che preparavamo. Loro non vedono ciò che fai in settimana e parlano di cose che non sono vere. Dicevano che sarei andato via alla fine della stagione, che non ero più contento all'Inter, così feci il gesto con la mano sul cuore per dire che sarei rimasto. Io non volevo andare da nessuna parte. Feci quel gol per dire ai tifosi che avevo l'Inter nel cuore come la ho oggi: gol nel momento giusto, nella squadra giusta. Il gesto fu come per dire di finire questa roba qua perché io c'ero".

Gli mostrano una foto del gol di Milito a Siena per il 18° scudetto.
"Eh, il Prinçipe (Milito, ndr). Purtroppo mio papà non è potuto andare a questa partita e mi dispiace perché c'erano tanti familiari. In tanti di loro hanno goduto questo momento, vincere il campionato italiano quel giorno là era bellissimo. Dopo un quarto d'ora o dodici minuti la Roma segnò a Verona con il Chievo e c'era qualcuno sugli spalti che aveva dubbi su di noi. La cavalcata del capitano, il gesto di Milito... Ormai lo conoscevano tutti perché lo sapeva fare come nessuno. In questo giorno qua, dopo il gol, l'immagine più bella è quella con Stankovic e Chivu che saltano i cartelloni dietro di lui... Non c'era nemmeno paura di farsi male perché c'era da giocare la finale di Champione e figurati se la saltavano. Mi ricordo anche Balotelli fece lo stesso, Pupi che invece di correre per festeggiare con i compagni va in panchina... Una roba bellissima, un'immagine indimenticabile per tutti".

Quali erano le emozioni prima di scendere in campo?
"Eravamo vicino allo stadio in albergo e si vedeva tutto il Franchi. La FIGC doveva preparare le due coppe: una che andava a Verona e una che andava a Siena. Io dissi che da noi avrebbero dovuto portare la vera perché saremmo stati noi a vincerla. Sistemavano tutto e si vedeva tutto dall'albergo... Arrivò qualche messaggio che ci diceva che la coppa vera era a Siena e fu uno stimolo in più per fare una grandissima partita. Eravamo troppo forti mentalmente, sapevamo che sarebbe stata una partita difficile a Siena come sempre, ma, vedendo la squadra che avevamo, non eravamo tranquilli perché stavamo facendo la storia, però c'era la consapevolezza in ogni momento della forza della squadra".

Quanti cross fece in quella partita?
"Mamma mia, secondo me è stata la partita dove ho messo più palloni in area: Mario (Balotelli, ndr) che prendeva la traversa, il portiere che faceva la parata su Eto'o... Era un assedio".

Ha mai avuto un pensiero negativo?
"No, mai. Mai. Il mister riusciva a mettere questo in testa a tutti i giocatori e non andavamo mai con il pensiero negativo in campo perché altrimenti le cose non sarebbero successe. Quando arrivano i momenti brutti devi rimanere concentrato perché sai la tua forza e lui riusciva a mettere questo nella nostra testa. Avevamo sempre il pensiero positivo".

Cosa vi ha detto Mourinho tra il primo e il secondo tempo?
"Di continuare a giocare come stavamo facendo perché la partita la stavamo facendo noi. Loro ebbero un'occasione sola, clamorosa, dove sbagliarono un gol fatto perché il giocatore era da solo davanti a Julio Cesar. Mourinho ci disse che sarebbe stata nostra quella partita: 'Noi non gli concediamo occasioni, ne hanno avuta una perché c'è stato un momento dove la squadra ha sbagliato, ma rimaniamo dentro la partita perché alla fine il gol arriverà'. Infatti fu così e festeggiammo".

Gli mostrano una foto in festa per lo scudetto con Zanetti, Cordoba e Cambiasso.
"Questi giocatori qua erano i pezzi importanti della squadra: il capitano lasciamo stare perché è uno fuori da tutto, Ivan (Cordoba, ndr) è una persona incredibile, di un'umiltà grandissima ed ho avuto il piacere di conoscere anche la famiglia. Anche se non giocava stava sempre ad autare i compagni, a motivare la squadra e questo era bellissimo. Infine Cuchu (Cambiasso, ndr) a centrocampo era colui che faceva giocare la squadra, c'era sempre nel momento giusto quando la squadra aveva bisogno. Questa foto la voglio io per metterla in Instagram (ride, ndr). Ho avuto dei compagni bellissimi e questi qua sono tre di quelli che mi hanno aiutato tanto quando sono arrivato e li porterò per sempre nel mio cuore. Mi dicevano: 'Questa società non è una società normale, è veramente una famiglia'. E l'ho capito subito quando ho visto loro".

Qual è stata la prima persona che ha abbracciato a Siena quando ha vinto?
"Julio Cesar perché mi sono messo in ginocchio, lui è partito a corsa dalla porta ed ho iniziato a festeggiare".

E dopo la partita?
"Quando sono arrivato a casa ho abbracciato mio padre perché lui non è solo mio padre, ma un mio compagno, un mio amico. Quello che mi ha dato tutto nella mia vita, ha sofferto insieme ai miei familiari e senza di lui non avrei potuto fare il calciatore. L'ho abbracciato e abbiamo pianto insieme, abbiamo festeggiato insieme e quindi è uno dei momenti che mi ricorderò per sempre. In quelle situazioni devi abbracciare le persone che stanno sempre positive, che ti aiutano sempre nei momenti belli e in quelli brutti... Lui è uno di quelli che non lascia mai la famiglia da sola, non mi ha mai lasciato da solo e quindi lo ringrazierò sempre, ogni giorno se posso perché è stata una persona grandissima nella mia vita e ci sarà sempre".

In che posizione mette lo scudetto del 2009/2010 nella sua classifica di trofei vinti?
"Al secondo posto perché il primo è quello del 2006, il primo e deve rimanere primo. Anche se dicevano che era uno scudetto falsato perché la Juventus era in Serie B ed il Milan partiva da una penalizzazione di 18 punti, ma quello rimane primo e questo secondo. E' rimasto tanto tempo l'ultimo e mi dispiace perché questo club meriterebbe di vincere ogni anno. Voglio fare i complimenti a tutti per lo scudetto di quest'anno. Poi la Champions League è il primo in assoluto e lo sarà per sempre".