Ricarica completata, adesso testa a Bergamo

Ricarica completata, adesso testa a BergamoTUTTOmercatoWEB.com
giovedì 10 novembre 2022, 18:47Editoriale
di Gabriele Borzillo

È stata una partita strana nel suo svolgimento. Certo, il risultato finale ci lascia contenti e sorridenti: non capita tutti i giorni di segnare sei gol nel campionato italiano, non capita tutti i giorni di segnarli partendo dall’handicap dello zero-uno grazie all’ennesimo episodio. Anche se non è che l’approccio dei nostri eroi sia stato sul genere adesso vi mettiamo nell’angolo e cominciamo a prendervi a pallonate. Anzi. L’Inter ha iniziato balbettante e spaventata, come se l’onda lunga di un secondo tempo inguardabile in quel di Torino avesse lasciato strascichi profondi e complicati da cancellare.

Fino al gol degli ospiti i nerazzurri avevano collezionato una sola occasione da rete, senza entusiasmare nessuno, nemmeno gli amici più intimi che sedevano sulle poltroncine rosse a pochi metri dal campo. Poca grinta, poco cuore, poca lucidità, poca voglia di usare il cervello. La somma di tutto ciò si traduceva nel gol del Bologna il cui inizio, al contrario, è stato praticamente perfetto: tre quarti di squadra dietro la linea del pallone, riconquista di quest’ultimo e ripartenza immediata puntando senza se e senza ma la porta interista. Una fotocopia allegriana con interpreti differenti ma lo stesso filone: far scoprire all’Inter il fianco per poi addentarla senza pietà.

Così è andata, noi pronti a cadere nel trappolone, film già visto più di una volta in questa stagione strana e, per molti versi, non esaltante. Il copione a volte cambia, non sempre resta lo stesso. Così, dopo essersi divorati il possibile e l’impossibile a Torino nel corso del primo tempo, stavolta i nerazzurri raggiungono il pareggio nel giro di qualche minuto con un gol pazzesco di Edin Dzeko, il cui solo limite è di portare 37 primavere sul groppone, con eleganza, perché uno così nella mia squadra vorrei averlo sempre, anche in quelle giornate durante le quali sta fermo in mezzo al campo senza trovare la giocata giusta. Al limite mi incazzo un po’ però, la settimana dopo, lo schiero ancora titolare.

Dopo il gollone del centravanti bosniaco segnaliamo la punizione perfetta del Dimarco ritrovato - ieri sera anche Denzel sembrava diverso, altra roba rispetto a qualche giorno fa - due a uno e, mentre il primo tempo si chiudeva lemme lemme, gol del Toro, di testa, anticipando il resto del mondo sul primo palo grazie a una palla telecomandata recapitatagli sul crapino da Calha, tornato in versione ti faccio segnare io. Tre a uno e partita in ghiaccio: ma noi siamo interisti, noi anche sul tre a uno elucubriamo immaginando scenari apocalittici e recuperi straordinari dell’avversario di turno. Stavolta, però, l’Inter continua a giocare, non si limita a controllare ma riparte spesso col desiderio di fare male, calcisticamente parlando, ovvio, al Bologna. Quattro a uno, cinque a uno, sei a uno, c’è gloria per la doppietta del prodotto canterano Federico e per la rete di Gosens, che a me sembra francamente a posto dal punto di vista fisico. Corre, si danna, recupera, fa gol, cosa deve fare di più? Dai la cera togli la cera? Insomma, Robin non merita un quarto d’ora di tanto in tanto, anzi. Potrebbe essere non una valida alternativa ma un titolare che gira insieme ad altri titolari, non il calciatore che sta cinque partite in panca per poi, al minuto ottanta e qualche di una sfida insignificante, levarsi la pettorina ed entrare trotterellando in campo.

Finisce tanto a poco: l’incazzatura per il non secondo tempo di Torino resta, andrà via tra un bel po’. L’importante, però, è che la squadra si sia ritrovata senza perdere l’ennesima occasione per riavvicinare le posizioni nobili della classifica. Intanto domenica troviamo l’Atalanta, che ha ben pensato di andare a Lecce senza sette titolari: ha perso, vero, ma domenica suonerà musica diversa a Bergamo. Dovremo essere bravi, mettere sul prato verde la voglia di vincere, di aiutarsi, di continuare a lottare. Sarà dura, durissima, ma cerchiamo di dare un senso a questa stagione indigena. Cuore, gambe e testa. Perché domenica a pranzo ci giochiamo ben più di tre semplici punti, non facciamo finta di non saperlo.
Alla prossima.