È il momento decisivo: nessuna scusa, nessuna paura

È il momento decisivo: nessuna scusa, nessuna pauraTUTTOmercatoWEB.com
domenica 3 aprile 2022, 20:21Editoriale
di Gabriele Borzillo

Alzi la mano chi non pensa che Torino sia l’ultima spiaggia, l’ultima chiamata al numero dello scudetto. Perché, a meno di scivoloni impensabili oggi - che so, l’Atalanta batte il Napoli e il Milan perde in casa col Bologna – il punticino striminzito (la sconfitta manco la prendo in considerazione, con tutta probabilità azzererebbe l’autostima attualmente non ai massimi, e smentitemi accidenti che non aspetto altro) non so quanto potrebbe giovare alla causa. Eppoi, in tutta sincerità, mi sembra sia passato tempo sufficiente per cercare di sbancare la casa juventina, se non ricordo male parliamo di una decina d’anni fa, di Andrea Stramaccioni, vado a memoria e potrei serenamente sbagliare. Nell’ultimo mese e mezzo siamo riusciti, in pratica e non in teoria, a dilapidare tutto quel patrimonio costruito tra novembre e dicembre, fatto di prestazioni da luccichio negli occhi ed entusiasmo da vendere.

Oggi non dipendiamo più da noi stessi, cosa realistica alquanto fino a inizio marzo e proseguita fino alla partita mal giocata con la Fiorentina. Forse sfigata, la traversa di Sanchez al minuto novanta la dice lunga sul momento, ma nascondere una serie di partite sottotono, senza grinta o balbettanti, è come nascondere la polvere sotto il tappeto quando arriva a trovarti qualcuno e non hai il tempo per sistemare. No, non c’è sfiga che tenga. Ci sono una serie di performances (mi scuso per l’inglesismo ma ripetere prestazioni mi sembrava svilente) sotto ma molto sotto media, accompagnate da un filo di sfiga perché la sfiga, se notate, non se la prende (quasi) mai con quelli sorridenti e felici. E i nostri, quando scendono in campo, hanno i volti tirati e le facce preoccupate. Perché d’accordo, mica entri per il riscaldamento raccontandoti barzellette – poi questo è uno di quei luoghi comuni incomprensibili, io posso tranquillamente ridere e scherzare col mio compagno di squadra, basta che al fischio d’inizio sia sul pezzo, cosa vuol dire non ridere o sorridere, ma che roba è – però nemmeno con l’espressione angosciata. Questo ho notato nelle ultime partite, un’atmosfera grigiastra, stile cielo di Milano novembrino accompagnato da pioggerella fitta e tediosa.

Ecco, liberiamoci da questa cappa, stasera non c’è più niente da perdere. Non ci sono appelli, non si gioca col freno a mano tirato e la paura nei muscoli. È stata una stagione davvero particolare, nella quale abbiamo ottenuto un solo successo contro le nostre dirette pretendenti, Milan, Napoli e, grazie al nostro crollo verticale, Juventus. Ecco, è ora di invertire una rotta altrimenti destinata a portarci non ho ancora capito bene dove. Ecco, anche se i piani iniziali erano una tranquilla qualificazione in Champions condita da una coppa, un girone eliminatorio europeo passato con esclusione vincendo addirittura ad Anfield, ricordo indelebile ancorché inutile oltre a una semifinale di coppa Italia ancora da disputare beh, non si dice. No. Non si dice, è l’ABC della comunicazione. Non si mettono le mani avanti avanti e non si creano, così invece sì, alibi ai calciatori. Siamo all’Inter, qui l’obbligo è fare sempre il massimo per centrare i traguardi, non basta fare le cosine per benino. Poi ti può girare per il verso giusto o anche no ma, ripeto il concetto, questa è una piazza dove accontentarsi è un verbo da non pronunciare, nemmeno sotto tortura. Aspetti da curare e perfezionare nell’ars oratoria di Simone da Piacenza.

Torino, che anche se non c’è il mare è l’ultima spiaggia, a meno di cataclismi pallonari in altri stadi. Andiamo a giocarcela, senza paure ancestrali, senza braccino, senza tristezza negli occhi. Il tricolore ce l’abbiamo cucito noi sul petto, mica gli altri. Difendiamolo. Fino all’ultimo secondo. I campioni dell’Italia siamo noi, non dimentichiamolo mai, soprattutto stasera.