Cercasi panchina disperatamente
No, non è che cerco la panca da sistemare nel giardinetto della casa di vacanza, a Milano francamente potrei al massimo installarla in un angolino nella veranda ma anche chissenefrega. È che, ripensando alla stagione dell’Inter, da agosto a oggi intendo, mi sembra sempre più evidente quanto i nerazzurri necessitino di cambi ad alto livello per poter puntare a qualcosa di più importante rispetto alla lotta nell’orticello casalingo. Che è bellissimo vincere lo scudetto, ditemi dove c’è da mettere la firma e mi presento anche in pigiama: però, soprattutto rivedendo quei settanta minuti, secondo più secondo meno, con Real e Liverpool, un filo di rimpianto per ciò che avrebbe potuto essere e non è stato mi viene. Insomma, alla fine dei conti l’undici di partenza interista, quello che bene o male recitiamo tutti a memoria, non è tanto distante dalle grandi potenze europee. Ha oggettivamente preso a pallonate il Real Madrid a lungo, d’accordo era una partita del girone quindi rimediabile, ha giocato a viso aperto con i Reds, cosa non di poco conto, in campionato raramente ricordo di aver subito chiunque, piuttosto rammento sconfitte demenziali frutto di disattenzione e calo di tensione generalizzata ma ci sta, questa squadra non è quella della passata stagione, forse oggi troppi non ricordano quanto si diceva, e scriveva, qualche mese fa. Io lo ricordo bene, a tratti perfino benissimo: lotta per de cempions, difficile arrivare quarti, soprattutto continuo a sorridere (ridere non è bello) sulla parola ridimensionamento.
L’Inter ha perso potenziale, dato di fatto innegabile, ma ha guadagnato dal punto di vista della bellezza del gioco. Il tutto, però, ha un prezzo: nel nostro caso la dispersione di energie che porta, inevitabilmente, a cali fisici e mentali dopo poco più di un’ora. Simone Inzaghi ha un’idea di calcio completamente diversa da quella contiana che ci ha portato così in alto. Il secondo amava chiudersi e ripartire, potendo contare su elementi capaci di svolgere i compiti assegnati: il primo chiede giro palla veloce, movimento di tutti, squadra leggermente più aperta e larga sul campo. Tutto ciò fa sì che i nerazzurri vantino il miglior attacco della massima serie, il maggior numero di uomini andati a segno ma, allo stesso tempo, un maggiore spreco, tra virgolette, energetico, come dicevo poco sopra.
Qui entra in ballo la panchina. E se per il reparto arretrato non mi pongo particolari problematiche, pensatela come volete ma Darmian, Dimarco, Ranocchia e D’Ambrosio non li cambierei mai e li trovo adatti al ruolo senza far rimpiangere i presunti titolari, in mezzo i problemi sono tanti. A cominciare da Vidal che saluterà, così come Vecino, oggi davvero il lontano parente di quello arrivato con Spalletti, facciamo pure lontanissimo già che ci siamo. Rimane Gagliardini, nulla d’altro da segnalare. E gli interventi, importanti, andranno fatti, eccome. Davanti, opinione mia, la coppia Dzeko-Lautaro non è un granché compatibile. Li trovo forti entrambi, a tratti molto forti, hanno segnato e continueranno a farlo, ma siamo distanti anni luce dalla Lautaro-ex numero nove attualmente tifoso del Chelsea per esempio. Sanchez forse partirà, sette milioni all’anno anche basta, hey amigo devi ridurre le pretese poi ne parliamo, anzi ne parlano, Correa è un punto interrogativo. Insomma, per farla breve c’è da costruire, partendo da una base solidissima, solida è troppo poco. Ecco perché sono felice dei rinnovi dirigenziali. Nelle mani del trio Marotta-Ausilio-Baccin mi sento tranquillo. Siatelo anche voi. E niente scherzi oggi: arriva il Sassuolo, non c’è altro risultato che la vittoria.
Alla prossima.
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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