Nassi: "Mou come Mazzarri, una volta esonerato non è più lo stesso"
Mi hanno insegnato che il mestiere dell'allenatore è il più difficile e che, se uno avesse le doti che occorrono, potrebbe guidare gli USA. Credevo fossero battute, ma ho imparato che avevano ragione i vecchi saggi, quando dicevano che l'allenatore più bravo era quello che non faceva danni e che la miglior formazione la mettevano in campo il giudice sportivo e il medico sociale. Le sette volte che ho seguito le richieste di un tecnico ho sbagliato. Non deve chiedere calciatori. Non è in grado di confezionare una squadra. Se è bravo ad allenare, migliorerà il materiale a disposizione. E' talmente difficile il mestiere che va aiutato, supportato e tranquillizzato in ogni momento. Vede ombre ovunque. Convive coi dubbi e, se non ha il conforto della società, è destinato a fallire. L'unica persona insostituibile è il presidente. Se manca, o non è rintracciabile, sono guai.
La premessa per parlare di Mourinho, ritenuto a lungo lo "special one", l'uomo del triplete con l'Inter e colui che aveva vinto in quattro nazioni: Portogallo, Inghilterra, Italia e Spagna. Dopo essere stato eliminato in Europa League dalla piccola Dinamo Zagabria ai supplementari, dopo aver vinto 2-0 all'andata, sui social è arrivata l'onda che l'ha travolto: finito, sorpassato, fortunato, sopravvalutato. Ho analizzato più volte il tecnico. So che quando ha vinto col Porto, dal 2003 al 2005, scudetto, Coppa dei Campioni e Europa League, il Presidente è stato squalificato. A Madrid, col Real, ha avuto problemi e al Manchester United non ha goduto le simpatie dell'uomo forte, Sir Alex Ferguson. Rimango dell'avviso che, se l'allenatore non si sente il deus ex machina della situazione, comincia a non credere in se stesso, più di una convinzione vacilla, le parole non fanno presa, la capacità di plagiare i singoli e il gruppo viene meno. I media avvertono subito che è cambiato. Così la società.
Se hai vissuto per andare in prima pagina e ti trovi ad allenare il Tottenham, che non vince un trofeo dal 2008 e, dopo le spese per lo stadio, ha come obiettivo la voce "risparmio", senti di non essere quello che pensavi e di non avere futuro. Fatte le debite proporzioni, guardo la carriera di Mazzarri, che aveva ottenuto risultati eccellenti prima di arrivare all'Inter. Una volta esonerato, non è stato più lo stesso. Non tutti accettano una carriera con alti e bassi. Nella maggior parte dei casi il contraccolpo psicologico è tale da produrre seri problemi. Pochi l'hanno capito. Simoni, un'eccezione. La regola è diversa. Vero Mourinho?
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
Direttore Responsabile: Lapo De Carlo
Iscritto al Registro Operatori di Comunicazione n. 18246
© 2024 linterista.it - Tutti i diritti riservati